Suicidio Astrale di Garibaldi

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Anima nel Cuore
00martedì 12 luglio 2005 20:13
S’ergono borbottanti ciminiere dalla metropoli, l’afa vaga a mezz’aria, impiastriccia le guglie del duomo e i nidi disfatti sulle roventi graticole d’antenne.
Sul corrimano di questo viadotto rugginoso un seguitare di polvere, di orme di scarpe, ultimo attimo di vita della gente suicida.
Dove, dove andrà quel cieco vagabondo sbatacchiando il suo bastone all’unisono, se l’erba gli è lontana miglia o più ed ogni angolo di mura già si mostra come un lettino di morte… dove…lo conduce un cane di strada, anch’esso smarrito…I suoi simili lo chiamano Garibaldi.
Inutile per questo cieco figurarsi il mondo nella mente, ormai tutto è impercettibile: lo smog intasa il respiro, il fracasso ottura il cinguettare dei passeri e ammutolisce la parola. Da tempo le sue perle si volgono al nulla, al dubbio di questo cammino che man mano si travaglia.

Il sole è tramontato intorno alle tre del pomeriggio alle spalle dei casermoni e della caligine, ed ora che è giunta la notte, un’altra notte da non raccontare, il nostro Garibaldi s’assopisce, vacillando di tanto in tanto su una panchina sempre vuota.

D’un tratto s’odono cicalii di moto. E’ soltanto la polizia che accerchia l’auto con dentro un politico di grande potere, sfreccia rapida come un’autoambulanza per il viale, il marciapiede si veste di una curiosità passeggera.
Mentre il suono pian piano riecheggia oltre il traffico, la gente attorno apre bocca…

“Sapete dirmi chi era?”
“Chi è passato chi è passato?”
“Berlusconi? Prodi??!”
“Chi è? Certamente era un personaggio importante…andiamo…”

E quel cieco sulla panchina…lui chi è? Niente…questa gente è interessata soltanto a chi ha addosso carne e soldi, inconsapevoli che a pochi passi c’è quest’uomo carico di cuore, che mille, duemila volte lo hanno visto in qualche film e si sono persino compiaciuti.

Cala il silenzio, s’ode ancora il fermentare della città nonostante le strade vuote di tutto, Garibaldi finalmente s’induce al sonno posando il capo su un guanciale di giornali del giorno passato in un lampo, inizia a sognare…
Che cosa vede in sogno un cieco, se ha sigillato gli occhi dall’età dei tre anni? Sogna la sua vita da bambino, che per sempre resta immutabile nell’anima.
Come un carosello le immagini d’infanzia si ripropongo ogni notte, il passato diviene presente e il tedio una gioia.

“Dai vieni qua, non aver paura, ci sono io con te”.
Inconsapevole, come tutti gli uomini, d’essere nel bel mezzo d’un sogno, Garibaldi muove i primi passi incontro alla madre a braccia aperte. Questa scena l’ha sognata talmente tante volte, che questa notte gli vien il dubbio se il tutto è veramente un sogno.
Breve è la distanza tra inconsapevolezza e consapevolezza, e difatti Garibaldi diviene cosciente della situazione attorno a lui, comprende che quest’aria appannata è soltanto un ricordo.
Sbalordito, ora osserva la struttura fantasmagorica del mondo onirico, scrutando minuziosamente gli oggetti plasmati da lui stesso per mezzo della sua fantasia. E’ come risvegliarsi in mondo tipo Matrix, conoscendo che tutto ciò è puramente irreale e quindi modificabile a piacer suo.
Per Garigaldi è venuta alla luce una nuova vita. Con la sua mente materializza un amico e una casa mai avuti, non vorrebbe mai svegliarsi.
E continua, come un Dio che rifà il suo creato, a fabbricare di continuo cose, animali e gente; saranno trascorse ore e ore, poco importa ormai per lui.
Imbottigliato nella sua stessa mente, decide (ormai consapevole) di non svegliarsi, di continuare a perdurare per questo sogno come un trapasso tra vita e aldilà.

E’ trascorso un giorno nell’indifferenza dell’andirivieni cittadino, le labbra violacee del suo corpo dormiente e il suo petto senza movenza, preannunciano una morte senza dolore, senza rumore in armonia con l’ultima notte.
Al far d’un altro giorno la curiosità si sposta su Garibaldi, ohimè morto, con su un velo bianco. Le voci attorno bisbigliano:

“stanotte ha fatto davvero caldo”
“oddio, mi dispiace”
“sarà morto per infarto”

C’è chi sogghigna per meraviglia e chi piagnucola come quella bambina che ora si stringe alle vesti della madre indifferente.
Si si, la ricordo bene quella bimba, si era fermata dinnanzi a Garibaldi un giorno d’inverno, dicendo ai suoi “Babbo gli lasciamo dei centesimi?”
E il padre:
“No, per niente, dai andiamo, non volevi la barbie?”

Suo padre la strascicava per mano lungo i portici zeppi di vetrine invitanti, ma lei non distoglieva mai lo sguardo preoccupato su Garibaldi in perenne elemosina.
In quest’attimo ho compreso cos’è la compassione. La stringo forte al cuore per non perderla mai, mentre scalo il gradino pesante della maturità.
unangelonelcielo2
00venerdì 15 luglio 2005 20:36


Caro

veramente commovente ....stupenda !
Come hai ragione...siamo ciechi (anche se con gli occhi possiamo vedere) ....ma possiamo costruirci il nostro mondo onirico e lì.... è tutto bello.
E' come anticipare un viaggio... che aspettiamo.

Ti adoro amico caro, riesci sempre ad essere particolare e a darmi emozioni.




jajaredda
00giovedì 8 settembre 2005 01:03


Vale......... ti incontro ovunque........è bello leggerti.[SM=g28003]
Anima nel Cuore
00giovedì 6 ottobre 2005 15:29
Un Mega grazie (certo che sono passate mesate dall'ultima volta... ohimè il lavoro incombe...).
Piace raccontare storie surreali, dopottutto per me la vera "realtà" è fuori questa realtà.

Saluti, bacioni.
GocciaDiParadiso
00giovedì 6 ottobre 2005 16:06


E' bellissimo leggerti CARO VALE


mi manchi... quando non ci sei [SM=g28003]
danzandosottolaluna
00giovedì 6 ottobre 2005 16:23


Ciao piccolo e grande amico... è vero ci siamo perduti, ma incontrarsi così, con l'ausilio di un tale pezzo della tua bravura, è molto entusiasmante e commovente.[SM=g27985] [SM=g28003]
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